All’inizio non avevo la sedia dove sedermi, adesso faccio parte di un’azienda multinazionale, quotata in Borsa, che ha appena concluso un’acquisizione notevole e che conta circa 400 dipendenti”. A parlare è Daniele Lazzari, Engineering Associate Manager presso MailUp, che quest’anno – nel 2022 – celebra il suo ventesimo anniversario lavorativo in azienda.

Nel corso degli anni Daniele è stato testimone di numerosi cambiamenti partendo dalle prime acquisizioni, al rebranding, alla quotazione in Borsa, fino al cambiamento totale del ruolo che egli stesso ricopre all’interno dell’azienda. Daniele Lazzari ci racconta il suo percorso nel Gruppo, evidenziando come nonostante i cambiamenti che si sono susseguiti, lo spirito dell’azienda sia rimasto sempre lo stesso: un ambiente amichevole, dove si è liberi di esprimere la propria opinione e seguire i propri interessi. Questo è l’ambiente in cui aveva iniziato a lavorare vent’anni fa e in cui lavora tutt’ora.

Di che cosa ti occupi in Growens?

Oggi ricopro il ruolo di Engineering Associate Manager all’interno della business unit MailUp. Mi occupo della gestione di un team di due persone (che presto si allargherà a quattro). I nostri compiti principali sono quelli di occuparci dell’infrastruttura di MailUp, della sua piattaforma e della parte di enabling per gli altri team di sviluppo.

In poche parole, forniamo agli altri team tutti quei tool di cui hanno bisogno per poter operare al meglio e nella maniera più rapida possibile.

Come si è evoluto il tuo lavoro nel corso di questi anni?

Ho iniziato con l’occuparmi dell’assistenza dei personal computer dei clienti, soprattutto per quanto riguardava la parte software, quindi installazione di programmi, configurazione e così via.

Dopo il 2008 abbiamo cominciato a focalizzarci maggiormente sulla gestione della parte di informatica interna, quindi della configurazione dei server e tutta la parte di gestione dell’infrastruttura della piattaforma MailUp. Se prima il mio lavoro consisteva nell’andare fisicamente a mettere mano sulle macchine, in seguito si è astratto, lavorando sulla parte di cloud e di generazione del codice per la gestione di infrastrutture.

Insomma, un’evoluzione completa in questi 20 anni. Questo è anche un tratto caratteristico dell’informatica, in cui l’evoluzione è molto rapida e necessita spirito di adattamento. Non si può rimanere ancorati a ciò che si faceva prima.

Quando hai cominciato a lavorare nella nostra azienda? Com’era l’ambiente?

La mia esperienza in azienda è iniziata nel 2002, appena dopo la sua fondazione. Ricordo ancora come durante la distribuzione dei badge aziendali, feci richiesta per il numero 007, una scelta dettata da motivi cinematografici: mi ricordava James Bond.

Al tempo, l’impresa si occupava di tutt’altro rispetto a oggi: era composta da una componente di web agency e da una componente dedicata alla vendita e all’assistenza dei personal computer, di cui mi occupavo io insieme ad altre tre persone. Inizialmente eravamo in pochi.  L’atmosfera era molto gioviale: eravamo un gruppo di coetanei, tutti intorno alla trentina, e formavamo un gruppo unito in cui si lavorava e al tempo stesso ci si divertiva. 

A noi quattro tecnici si aggiungevano i founder: Matteo Monfredini, Luca Azzali (che conoscevo già dai primissimi anni ‘90, avendo suonato in tempi diversi per la stessa band musicale) Matteo Bettoni e Alberto Miscia – che si occupavano della parte di programmazione e sviluppo. Solo dopo qualche mese dalla mia assunzione si è unito anche Nazzareno Gorni, che abitava a Milano e tutti i giorni faceva il pendolare fino a Cremona per lavorare con noi.

La cultura aziendale è cambiata in questi vent’anni?

La cultura aziendale non è cambiata, è stata semplicemente formalizzata [in una serie di valori, comportamenti e linee guida, NdR]. Io mi sono sempre trovato benissimo con tutti i colleghi, per non parlare dei founder – ci conosciamo da 20 anni! 

Nonostante Cremona non sia una grande città, il business ha avuto successo: come si è sviluppato?

Inizialmente la nostra attività era quella di web agency, con il nome N:Web. Nei primi anni sviluppammo una serie di prodotti: un software di invio newsletter, un prodotto per la gestione dei backend dei siti web e altri prodotti simili.  Dopo poco tempo, tra tutti i prodotti sviluppati, quello dedicato alle newsletter ottenne un notevole successo, diventando ben presto l’unico business dell’azienda.

Questo celere sviluppo fu anche agevolato dal fatto che il mercato di internet era nato da poco, l’offerta era scarsa ma la domanda era elevata.

Gli anni 2000 hanno visto la diffusione di internet con tutti i suoi servizi e prodotti. Come era percepito quel tipo di tecnologia, soprattutto in una città come Cremona?

Al tempo, per Cremona eravamo degli alieni. Non tanto per l’assistenza ai personal computer, che era un lavoro già praticato da alcuni, ma per quanto riguardava l’attività della web agency, che era una realtà totalmente nuova. 

Non tutti riuscivano a comprendere fino in fondo che cosa stavamo costruendo e quali servizi offrivamo. Tuttora per alcuni è difficile comprendere in che cosa consista realmente il nostro business. Però sicuramente tutti sanno chi siamo: Cremona è una piccola città, con circa 70.000 abitanti che in un modo o nell’altro si conoscono tutti.

Secondo te, la città di Cremona ha avuto un impatto sull’azienda e viceversa?

Credo che l’azienda abbia avuto sicuramente un impatto sulla città, soprattutto quando abbiamo cominciato a crescere ed ottenere risultati importanti.

Per quanto mi riguarda, sono molto orgoglioso dello sviluppo del Gruppo, anche perché so bene da dove siamo partiti. All’inizio “non avevo la sedia dove sedermi” (letteralmente), adesso faccio parte di un’azienda multinazionale, quotata in Borsa, che ha appena concluso un’acquisizione notevole e che conta circa 400 dipendenti.

Hai assistito all’intera evoluzione dell’azienda. Ci sono stati momenti in cui avete rischiato tutto?

Un periodo difficile, in cui abbiamo stretto i denti, è stato sicuramente il biennio 2006-2007. Nonostante le difficoltà, non abbiamo smesso di credere nel nostro progetto. I soci hanno continuato a investire e fortunatamente i risultati non hanno tardato ad arrivare.

Un altro momento impegnativo è stato il primo tentativo di internalizzazione, intorno alla metà degli anni 2000. Non siamo riusciti a ottenere i risultati sperati, probabilmente anche perché i tempi non erano ancora abbastanza maturi. In seguito abbiamo ritentato la via del mercato internazionale – questa volta con successo – e da lì abbiamo continuato a crescere.

Quali sono stati, invece, i momenti di svolta? 

Nel biennio 2007-2008 la crescita ha iniziato a essere notevolmente maggiore rispetto agli anni precedenti. Quello per me è stato davvero un bel momento, così come quando poi ci siamo quotati in Borsa- un’operazione di maestria notevole, considerato che siamo partiti da una Srl. Abbiamo fatto molta strada.

Qual è il tuo ricordo preferito dei primi tempi?

Ricordo la prima assistenza tecnica da un cliente con Matteo Monfredini, nei dintorni di Brescia. Era una mattina nebbiosa di novembre e con la sua Golf ci siamo ritrovati in coda in autostrada, dove la visibilità era limitata. Abbiamo trascorso tutta la giornata dal cliente, per poi tornare a Cremona la sera tardi. È stata una giornata tosta, ma sicuramente memorabile.

Che cosa ti ha fatto rimanere in Growens per 20 anni?

Molto probabilmente la possibilità di esprimermi, di evolvere e di poter seguire i miei interessi, che fortunatamente sono sempre coincisi con gli interessi dell’azienda. Sicuramente ci sarà stato qualche momento di sconforto, ma mai mi è capitato di pensare: “basta, me ne vado”.

Parlaci di te, degli studi che hai fatto e delle tue passioni.

Ho studiato Ragioneria ad indirizzo informatico e subito dopo ho iniziato a lavorare. Sono sposato, ho una moglie, una bambina di 10 anni e un gatto di 12. 

L’interesse per la musica è ancora presente, sebbene ormai suoni solo ogni tanto in privato. Una passione che invece continuo sicuramente a coltivare è quella per l’informatica, che mi accompagna da molto tempo. Oggi mi limito ad andare in palestra, ma fino a dieci anni fa praticavo rugby. Sono anche stato fondatore e primo presidente della prima squadra di rugby di Cremona. 

Come ti mantieni al passo con queste evoluzioni?

L’informatica è la mia passione: mi piace tenermi informato, studiare, trovare nuove soluzioni ed imparare cose nuove. A questo si affianca la formazione e l’aggiornamento che l’azienda mi consente di fare a livello quotidiano.

Growens lascia molta libertà in questo senso: io ho sempre avuto libertà e fiducia totale, tanto da poter fare quello che mi interessava, seguire le mie inclinazioni e potermi esprimere anche sulle scelte più strategiche. Per chi fa il mio lavoro, un ambiente simile offre una grande opportunità per studiare, approfondire ed imparare tantissime cose.

Se tornassi indietro, ricominceresti sempre da Growens?

Prima di iniziare a lavorare qui, i miei impieghi non duravano più di due o tre anni. Quando sono arrivato non avevo idea di quanto sarei rimasto – ed eccomi qui, 20 anni dopo. 

Quindi sì, credo proprio che se tornassi indietro lavorerei comunque in questa azienda, è stata una scelta di cui sono contento. Ho capito fin dall’inizio che l’azienda aveva del potenziale e che non sarebbe finita lì.

Come vedi il futuro?

Non lo saprei proprio dire, le cose cambiano velocemente. Qualche settimana fa avrei parlato di alcuni progetti e obiettivi, poi è subentrata l’acquisizione di Contactlab e tutto è cambiato completamente.

Il futuro è a me ignoto: sicuramente porterà nuove sfide ma è anche questo il bello del mio lavoro, non ti annoi mai. Magari tra qualche anno acquisiremo anche Mailchimp! [ride]

  

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